martedì 27 settembre 2016

Vincitori Atipici di stampo Classico


UN GOLDEN DI PREPOTENZA PER UNA VENDERE CARDIOPALMA .

COLORI VERDIGI
qua con un soggeto detto
IL VERDONE
(Scatto di Matteo Mancini)

A cura di Matteo Mancini.
L'ingiallire degli anni atrofizza il verde dell'alloro del tempo andato, ma non cancella i ricordi degli appassionati assiepati in una curva di uno stadio, seduti comodamente in una tribuna coperta, piuttosto che sotto il sole cocente di un autodromo. Un colpo a effetto, un errore clamoroso oppure un'azione, piuttosto che un sorpasso, travolgente che ubriaca tutti quelli in campo e fa allargare la bocca di quelli in tribuna o urlare e trepidare per immedesimazione con i protagonisti. Sono anche queste le cose che regalano emozioni. Vedere un Villeneuve che fa a sportellate con Arnoux oppure un incontro di boxe che si chiude al primo round ma che vede due pugili darsela senza esclusione di colpi e senza lesinare restistenze come il confronto che portò la cintura sotto la vita di Ray Boom Boom Mancini, con il campione Art Frias friabile come zucchero avvolto dall'acqua. Queste cose, agli occhi degli appassionati, non evaporano, ma racchiudono perle di filosofia. Niente a che fare, a esempio, con i ricordi di una fredda votazione sui tavolini di una sede più o meno politica o tra quelli allegri e un po' brilli di una partita a biliardo al bar piuttoso che un pokerino a chi rialza di più senza avere carte buone in mano, perché mica ci si può sbracare... Ma i ricordi sportivi degli appassionati restano vivi nel tempo, quasi sempre per imprese da leggenda, titoli conquistati o montepremi in palio da urlo. «Sai quello chi è?» e qualcuno: «Boh.» E il più scafato subito a riprendere: «E' un ospite internazionale» e l'altro: «Lo sapevo infatti dicevo boh per dire Beua!» E lo specialista di lingue che gli fa: «No Bid, Hello... Quel Bo è svedese!» Al di là di questi giochi di parole, magari alleggeriti al bar davanti un bel bicchiere di spuma di uva, è ben più difficile, ma tutt'altro che impossibile, ricordare, per i non diretti interessati, una banale prova che nessun altro andrebbe a vedere se non fosse stato presente ai fatti, perché di quelle prove ne è pieno il mondo e perché in ballo ci sono gli ultimi, o i tendenti agli ultimi (come disse Michele Alboreto commentando le immagini del duello Villeneuve vs Arnoux: "Robe del genere? Quando lo fanno nelle retrovie sono ordinarie... come lo fai davanti sei un fenomeno!"), perché è l'ultima categoria possibile e immaginabile. Insomma, una prova di contorno, tanto per far numero in supporto a un secondo, regalare due soldarelli ai più meritevoli e tirare a campare, lasciando perdere gloria e ambizioni. Ma un ottimo giornalista come Nicola Roggero ha scritto che "si può perdere ed essere grandissimi come vincere ed essere dimenticati" e di storie che hanno lasciato il segno al di là del valore sportivo e della posta in palio. Roggero conclude la sua quarta di copertina del suo volume L'Importante è Perdere, titolo alquanto provocatorio, per ribadire che si può scegliere tra "vincere da arroganti o perdere da gentleman. Non ci sono dubbi: questi ultimi sono i veri fuoriclasse."
La storia che veniamo a proporre si perde nei meandri del tempo, sconfina nella mia fanciullezza, nel lontano 1992, anno di imprese. Su tutte quella da Sfide griffato Ercolani con la Danimarca che vince gli Europei da ripescata, per la squalifica della Jugoslavia piegata dalla sanguinosa guerra dei balcani, e trainata dalle reti di un padre che ha una figlia morente per tumore all'ospedale. Uno scontro, quest'ultimo, dove le tifoserie di due delle squadre più blasonate del campionato slavo si trasformarono in veri e propri eserciti e dove persino un giocatore ragionevole come Boban, detto Zorro, lasciò un segno su un poliziotto in uno scontro tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa. Il 1992, anno in cui la blasonata Italia se ne rimase lontana dall'Europa a vedere il calcio che conta dalla televisione e non certo per ozio. Ed è anche l'anno delle Olimpiadi di Barcellona e del tormentone Portami a Ballare a braccetto con l'inno all'amore cieco di Non Amarmi perché vivo a l'ombra, non armi tanto il mondo non si cambia e siamo tutti specchi del duo Baldi & Alotta. Un'accoppiata vincente ma un po' difficile da far andare d'accordo, perché uno vorrebbe andare a ballare e l'altro non vorrebbe esser amato. Quando si dice i paradossi...
Ma è anche l'anno di una vendere, una delle tantissime in una stagione, corsa a Pisa con qualcosa come ventuno, e dico VENTUNO (manco nei concorsi dell'epoca ce n'erano tanti), partecipanti per  i vecchi e rimpianti quattro milioni di lire.
Temperatura da giacchetto, ma tempo soleggiato. Correva l'anno 1992, il giorno 31 del mese di gennaio. Io ero un bambino di circa dieci anni, all'ultimo anno di elementari già intento a pensare all'Irlanda come argomento di geografia da discutere all'esame con la maestra (peraltro assente, ironia della sorte, un po' come la presidenza dell'attuale Pisa, dato che la signora Marini aveva ben pensato di andare in pesione in quinta lasciando la classe senza guida). Come molti pomeriggi di inverno, uscendo da scuola alle ore 12, dopo un veloce pranzo vengo portato a San Rossore, nel mitico Prato degli Escoli. Non ricordo se a bordo di una Renault 19 o di un Alfa 33 Ed è qua, in un banale venerdi, che si consuma la leggenda. Se scorrete le prove vedrete in palinsesto due prove: una discreta condizionata vinta da una cavallina (Snow Carpet) che campeggiava negli spot pubblicitari di canale '50, agevolata dal ritiro del futuro stallone Wild Crouse, e chiusa dal cavallo che vinse nella prova di debutto del penultimo cavallo di scuderia (al debutto con i nuovi colori) in quel di TORINO ovvero prova il bianco Trywhite; e soprattutto la corsa TRIS (all'epoca un evento che capitava una sola volta il venerdì e in una sola piazza, dunque piuttosto raro). Ma non è in queste che si consuma la leggenda, nonostante si verifichi un epilogo pazzesco proprio nella tris con un duello rusticano da altri tempi tanto da evocare le sfide tra cowboy. Da una parte il Piano d'Azione del re della piazza, baffetto Ettore Pistoletti da Calci, dall'altra un cavallo di una scuderia il cui nome richiama alla memoria gli storici colori di Favero donati a Dolzan ovvero la Vamar, dunque un Romeo (per l'alfabeto Nato), a far la differenza in un doveroso tributo alla piazza; nel mezzo, in zona quinte, lo specializzato in ostacoli Black. No, signori, state andando fuori strada: io vi avverto.. Non fu in queste prove che avvenne il fatto che, sono convinto, è rimasto scolpito nei ricordi dei presenti più sensibili che appassionati. Una prova di cui non troverete traccia in alcun libro, forse neppure nei trafiletti degli addetti ai lavori dell'epoca, ma dal sapore epico. Una vittoria da leggenda, capace di rubare gli occhi dalla sagoma dei grandi protagonisti e far restare con lo sguardo attaccato alla pista, forse con un po' di amaro in bocca per chi ha colto il vincente (ci credo poco, ci piace immaginarlo), di certo per chi ha strappato la carta e chi ha bevuto un caffé non zuccherato prima della corsa. A ogni modo, vincenti e perdenti nonché osservatori, tutti ancora con gli occhi fissi sul vincitore anche dopo il traguardo, perché quel vincitore, signori miei, non si ferma. Ed ecco che le sue gesta sono capaci di risucchiare il pubblico assiepato all'interno dei locali delle strutture per portarlo in tribuna, come trasportati da un onda da cui è impossibile sottrarsi, un richiamo che non si può notare standosene sulle poltrone a rimirare le immagini vendute al circuito nazionale, perché il regista ha già staccato il collegamento, perché quel che interessa e delineare l'ordine di arrivo. Ma quello che sta succedendo è una cosa che in molti non hanno più visto in anni e anni di carriera e di pomeriggi spesi al dolce riossigenarsi della purezza liberata dal verdone del parco di San Rossore.

Ventuno cavalli a sfilare al tondino in una vendere, anzi no perché ci sono quattro ritiri. Tra questi c'è anche il futuro ostacolista Caer to Win, c'è il "doppio nero" Pretty Perfect (frequentatore titolato di queste categorie) e c'è il vecchio Montelupone del produttore di cioccolata Zaini, leggenda tra i gentleman e distributore di uova di pasqua gratuiti per i bimbi dell'impianto che hanno studiato (loro poco, più che altro i loro informatori con domande trabocchetto predisposte dalla fervida memoria del signor Castelli e dislocate alla stregua di temibili fence da superare per giungere alla sorpresona finale). E poi manca anche il francese che ha un nome che indica quasi la volontà di andare a pelo e via, si tratta infatti di Limoselle che pure ha vinto un interessante discendente da attuali 5.000 euro tre mesi prima e che potrebbe essere un candidato alla vittoria. Dunque quattro ritiri, mica poco, ma non si notano. Al tondino, peraltro molto più ridotto rispetto all'attuale, una fiumana di muscoli e teste che ondeggiano da una parte e da un'altra. C'è persino qualcuno che salta: è CaddyMaster che, in scuderia lavora con quel Bo, sopra ricordato. Qui lo monta nientemeno che HILL, 35 a 1 la quota. Viene dalla Svezia ed è di proprietà del simpatico Bjorling, anche se cercate su ippica.biz vedrete spuntare fuori un FAVRETTO. E' al debutto assoluto in Italia, e vi resterà per un po'. Ospite internazionale che saprà cogliersi anche delle ottime soddisfazioni con lo sfortunato Obeliski (morto in siepi a Pisa per un salto ultra anticipato sulla diagonale dell'arginello percorsa però in senso contrario rispetto all'attuale e sul percorso siepi), ma anche con il monumentale Potter's Dream che aveva dei nodelli giganteschi. Un sauro con grande lista frontale. Memorabile poi la cessione di Little Carla, vittoriosa se non ricordo male in una vendere di Pisa, con festeggiamenti finali per le somme incassate a base di liquori non meglio precisati.
Poi ecco che arriva un sauro dal passato interessante. E' il mitico Master Reply prima punta della simpatica triade del FIDIO GABRIELLI. Gli altri due sono Loving Wild e Savak. I tre insieme, come i moschettieri vinca chi vinca (ci vorrebbe D'Artagnan e Zorro scappato dalla Maledizione di Capestrano per farlo, forse, anche se la vedrei comunque dura) hanno una quota del 24 a 1 (praticamente pagherebbero di più piazzati). C'è persino chi scommette sull'ultimo posto: andrà alla cassa agile. «O chi c'è laggiù? quello col cuffino...»
«E che ne so!? Non risulta neppure nell'ordine di arrivo. Sarà un fantasma...»
Ecco il diciassette, numero da toccarsi nelle tasche, ma è il favorito della corsa: è il cavallo di Latorre, uno che quando c'è da menare le fruste non si fa pregare per il fatto di ricordare col suo nome un campanile, tutt'altro. Ed eccolo in formato barista: e che ci do, che ci do, che ci do, un po' in stile Opazo. Appena 3 a 1 la quota, dunque favorito netto. Il nome è da melodia buono, concedetemi il fatto di essere una battuta: Magic Sound, ideale base piazzata per tris e accoppiate.
«Bada quello che scene... O chi è?» fa il bimbo grande. «E te l'ho detto chi è... o i chi è?» fa il bimbo piccino. «A me sembri scemo, qualche volta e ti chiudono!» E il bimbo piccino comincia a ridere... «E li distanziano quelli... perché Who is Coming? e l'è 'i nomeeee.»
Il bimbo grande sbianca, ma non certo perché prende le scommesse, in tal caso avrei detto sbanca. A momenti perde anche capelli, che era accanto a Mazzoni, in quel della Lombardia, ma si è salvato col piazzato. Ha davanti il numero uno della scala. Scuderia PMZ roba da non dire gatto se non ce l'hai... indovina un po' dove? Sopra c'è Mario, quello che ora monta come prima scelta nella Dormello Olgiata. Peso di 49 chilogrammi, è quello più basso. Molto molto interessante. Disputerà l'ultima corsa in carriera con Romeo e con un Preparatore Terribile (a momenti potrebbe sembrare Montella, ma all'epoca era roba da SACCHI... Ricordate, no, il detto? Sennò sembran freddi modi di dire sparati alla boia di un giuda come dice Kazzenger di Crozza). E infatti ippica.biz non è aggiornato alla prime, perché il cavallo è della donna di Django, la famosa ZARO ed è allenato da un abile preparatore in ostacoli: Feligioni. Può andare a bersaglio ed è spesso protagonista nei gentleman con Rossi. Passerà in vecchiaia sotto il frustino del top gentleman: Stefano Botti. E' il terzo al picchetto. Se avete fortuna e vi raccomandate lo potete giocare a otto con buona gioia di coloro che bancano.
«Chi ci può stare qua?» fa il bimbo grande. E quello piccino allunga l'indice e comincia a fa' dei gesti strani.
L'altro lo guarda e fa: «O che novità è questa?» L'altro, lentamente, ruota il capo e piega il labbro in modo da tratteggiare i contorni di una smorfia. «Al massimo ce ne posson stare altri quattro o cinque, ora che è entrato anche quel 21 e lì. E quello li mette tutti sugli attenti!»
Il bimbo grande annusice e guarda il giornale. Col dorso della mano batte due colpetti e fa: «Immagini già quali potranno essere gli ordini per l'interprete?»
E quello piccino: «Non lo so mica se il Muzzi sa la lingua... è francese il cavallo... e parlavo del numero... Non lo vedi sono tutti ammucchiati qui, sono più quelli dentro di quelli di fuori. Guarda, guarda, guardati intorno...»
Il bimbo grande ruota il capo. Intorno c'è una buona fetta di pubblico ma è quella minore, quella. Al tondino, ora che entrano i fantini, c'è più materiale che in un kolossal di Hollywood di qualche decennio fa, prima dell'avvento della computer grafica.
«Allora giochiamo questo General Rocket? Vedo qua dalle informazioni certe acquisite sugli altri campi, che se ripete la prestazione del Rifiano siamo di sicuro fortunati, gli si toglie la sigla Rif, e si lascia i Ano e si rivà alla cassa. Anche questo è roba da Zaini, guarda... senti cosa ti dico: prendo appunti!»
E quello piccino: «Ma fai che ti pare...E paga 40 a 1, sarà pure un General ma secondo me perché non voglion guadare nel particolare...»
«O questo sauro qua? Mi sembra arzillo» fa il bimbo grande. L'altro stacca una foglia dalla siepe e la stropiccia. «Arzillo, non vince da un anno, dal premio Capannelle... Rientra da giugno. E' sette mesi che non corre, se facesse risultato sarebbe roba poetica dato che come ultima corsa ha fatto il Castagneto Carducci. Te lo immagini Icardi che dietro a una Serata di Gala e ti vede Gold of Honour. Come quella volta, ti dico una visione dal futuro, che dirà durante la sfilata di un Grand National dove ultimeranno il percorso senza cadere due soggetti: Feels Like Gold - Sentimenti come Oro... Va beh, l'oro e l'onore ma qua per vince' è come quella volta in cui gli Avion Travel vinceranno il festival di San Remo...e deve Volare!»
L'altro comincia a ridere... «Te a forza di vedere gli inglesi ti sei svitato e hai perso le chiavi... Ora sai anche il futuro... Fammi un po' vede' la quota: 33 a 1. Mica tanto poi, tutto sommato. L'ultima volta è arrivato ultimo, lontano dal penultimo. Aha aha aha» E prende a ridere, ma ride di gusto. Poi tartagliando quasi fa: «Bada qua, la volta prima l'ha battuto pure Master Reply!»
Al quel punto si sente una terza voce che i due, fino a quel momento non avevano notato: «Hallow...» sembra un tedesco che risponde al telefono, ma salvo John Titor del momento sarebbe impossibile perché i cellulari non ci sono ancora. Il bimbo grande raccoglie tutte le dita della mano destra nel medesimo punto, poi ruota il polso verso di se e muove in su e in giù la mano, come a dire: «Ma cosa dice?»
Il cavallo che sta passando sotto il naso dei due ha una conclusione che ricorda un po' un famoso socio del precedente proprietario di Gold of Honour. Il soggetto si chiama infatti Hallow Baba, mentre il socio del proprietario del precedente soggetto era la scuderia Azzurra che avrà, qualche anno dopo, un certo MacBobo tra le proprie fila. E questo Bobo è dovuto a una particolare compartecipazione che ben sanno in certi ambienti. Il nuovo proprietario di Gold of Honour sfoggia invece una giubba conosciuta anche a Merano pur essendo locale. Si tratta di VERDIGI che all'epoca dispone solo di questo cavallo. In seguito avrà svariati soggetti, credo anche in società con qualche abitante di Marina (zona frutta)... Un nome su tutti: Rose Fen figlia di Trojan Fen. E ancora Big Champion e il verdone che vedete in cima in fotografia. E cosa c'entra Merano...? E c'entra, perché c'è il cross con Rox du Desert. Le maggiori soddisfazioni però, anche se credo da prestanome, arriveranno con il campioncino Sweet Melon, ex Lady M che si allenava sul mare a Marina, zona Arnino pur essendo sul lato opposto dell'Arno senza diminuitivo, come tradizione transalpina comanda, così da rassodare i tendini. E che dire poi del "maestro" Mozart, uno che di musica buona ce n'è anche da vendere da quanto è in abbondanza. Un nome da genio precoce come L'enfant Terrible ma senza Allons en fan, perché era un'Arma Fatale irlandese piuttosto che francese (dunque niente inno d'oltremanica in caso di vittoria), anche se poi, a ogni buon conto, i gusti della giubba ripiegavano spesso sulla Morandi con il fantomatico Enrico che suona. A proposito di Enrico, non ricordo se all'epoca fosse già lì in giro con cappello e microfono... Mi pare di no... Guarda un po': vale un pane e torta, come dicono a Pisa quell'Hallow. Cinque e cinque e si fa anche merendina...
«O andiamo a gio'à...» C'è anche un soggetto che paga 130 a 1, è del Gonnelli, colori Giusti, e si chiama Card Blue. E' nato nel 1985, rientra da due anni ed è stato di proprietà di Tidu, vecchio proprietario di Bob Morse, nome da grande giocatore di Basket e di cui conserviamo una vecchia fotografia in polaroid. Lo abbiamo conosciuto in occasione di una trasferta a Grosseto, fatta insieme, al seguito di Bob, ma senza Morse, perché era il fratello di Best the Best sempre della redazione. Una giubba spettacolare quella del signor Tidu, che ora per le becere regole non farebbero più fare per la stardizzazione voluta da coloro per i quali lo spettacolo è solo quello che dicono loro. Giubba, dicevamo, con lo stemma di Cagliari: i quattro mori come griffe, colori caratteristici e difficilmente dimenticabile. Roba da Sul Crinale.
Ma andiamo in tribuna, mentre vediamo sfilare in pista, al piccolo galoppo, la Lupi Baldi (con Alotta evidentemente sostituita dal Lupi, manco ci fossero anche gli editori da Piombino qua). La Germana è su Gelinotte, altro pane e torta sulle lavagnette. Un soggetto che è più volte in pista da corsa che sulle dirittura di allenamento. Ha corso ventisei volte in undici mesi, una numero che manco al trotto riescono a reggere. Ha vinto due volte a dicembre, piazzato a Gennaio. E' la sicurezza, per gli scommettori, della ripetizione delle prestazioni, ma le soluzioni artistiche passano altrove.
Ecco poi il tambureggiare degli zoccoli di Fesco, sul soffice manto erboso della pista. In sella Gabriele Pretta, i colori sono della Santa Rosa dei F.lli Brotini che abbiamo in foto in ricordo della vittoria del nostro vincitore del Premio Agnano Assouinde. Soggetto molto regolare, da categoria. Ci sta alla grande, arriva dal Tiziana dove ha gia fatto secco il General e il Limoselle, ma lo ha battuto Magic Sound e la Lupi Baldi che però montava altro soggetto e che ora monta, come abbiamo detto, su Gelinotte già battuto da Fesco.
Dunque da giocare con la sua giubba da bandiera a scacchi: 87/10.
Corsa dunque difficilissima, un vero e proprio rompi campo (e anche capo) con i cavalli dietro alle gabbie. Intravediamo anche Leonessa, dell'allevamento GialloBlu, anche se su Ippicabiz appare PEA forse in omaggio alla casa di produzione che produsse il secondo e terzo capitolo della trilogia del dollaro (a proposito del soggetto che vedete in cima in foto) del maschio della leonessa.
Il numero uno di steccato resta vuoto, perché era andato a un soggetto da nome da pazzi, per quella che sarà una corsa da matti, ovvero Montelupone da Montelupo. Col due di steccato, c'è proprio lui... Un qualcuno che esibisce un numero che sintetizza le prime due posiziozioni: un classico uno due da Gold of Honour. Ha accanto proprio la Leonessa. Dall'altra parte invece, praticamente nel bosco, ci sono all'esterno di tutti il General (ventunesima gabbia) e più all'interno, col venti, l'ospite internazionale dalla Svezia: Caddymaster.
Il pubblico prende posizione sulle tribune, qualcuno sotto i video presenti lungo la siepe che costeggia la strada che porta al fiume morto dove ora non sono più presenti. Ci sono volti che sono frequentatori abituali del luogo. C'è anche chi va nella sala ippica che è in fondo, in zona parcogiochi.
Lo speaker, un giovane Sandro Marannini cesellatore di perle di rara bellezza quando in giornata, snocciola quote, nomi e aggiorna posizioni con soggetti che si difendono e altri che subiscono la volontà degli artieri fino al fatidico: "Si va agli ordini dello starter..." A circa cento metri, con inquadratura frontale che sembra inquadrare Il Mucchio Selvaggio (nome da Giusti, ricordiamo Wild Bunch nei titoli originali) de Il Mio Nome è Nessuno, c'è un omino pronto a imitare Franco Battiato pur non essendo sul ponte. Se dov'esse succedere qualcosa di particolare starebbe subito a sventolarlo ai quattro eventi. BOOOOM si sente fare. Sono le gabbie che sono saettate verso l'esterno.
"PARTITIII" urla come un tuono Marannini. Le mani degli spettatori si chiudono sulle ringhiere verdi, le teste sono tutte rivolte al fiume morto. E lì che partivano i 2.000 metri del tracciato pisano, all'epoca non dotato di pista grande e neppure del tracciato siepi interno. C'è già qualcuno con i binocoli sugli occhi e il volto oscurato da coppole inclinate verso il basso. Qualche bimbo che tira il cappotto dei genitori verso il basso o del nonno di turno per farsi tenere a cavalluccio. La lieve brezza del vento accarezza i vari volti, mentre il sole fotografa e immortala il momento. Le lancette degli orologi indicano le 14.55. Lungo la corda è un fantino di colore che prende il comando delle operazioni. E' il sudamericano "cioccolatino" Herrera. Senza fronzoli e senza paure il rientrate Gold of Honour va via di testa, concentrato dentro i suoi paraocchi. Il mantello sauro brilla e cangia pizzicato dai tiepidi raggi invernali. Non è una monta usuale per il cavallo, probabilmente l'uruguiano (se non ricordiamo male) non lo conosce nemmeno troppo bene, ma è un buon fantino ed esegue gli ordini impartitegli dall'allenatore da manuale. Risulterebbe Martelloni, ma non ci metterei una mano sul fuoco, ne un dito per non fare la fine di Fantozzi al cospetto di talpa Filini.

LOVIN WILD
con i successivi colori di GIUSTI.
Chiuderà in 15° posizione la corsa vinta da
GOLD OF HONOUR.
(Foto di Matteo Mancini).

Fare la telecronaca della corsa, a distanza di oltre venticinque anni e senza il supporto delle immagini, diventerebbe una prerogativa figlia di una mente fantasiosa con buona pace della corrispondenza storica. Ci limiteremo così a raccontare il ricordo di quella pazza vendere. Gold of Honour contro ogni pronostico macina i 2.000 metri davanti a tutti. I vari attacchi che subisce sono destinati a fallire sotto un ritmo che non tende a spegnersi, anzi aumenta metro dopo metro. Contro ogni pronostico e in barba all'assenza dalle piste di oltre sette mesi, non cede mai, neppure nelle ultime centiania di metri. Vince addirittura, con la prepotenza di un soggetto da categoria superiore e si aggiudica la prova, intitolata a Corradino D'Ascanio. Secondo, a una lunghezza, arriva il favorito Magic Sound quindi, vicino, il controfavorito Hallow Baba con a contatto l'altra appoggiata Leonessa. Pesanti i distacchi per gli altri, con il quinto a oltre cinque lunghezze dallo scatenetato vincitore. Più indietro, gli altri che arrivano alla spicciolata, a testimonianza del gran ritmo. General Rocket, settimo, chiude a quindici lunghezze dal vincitore; Caddymaster, nono, paga un distacco di ventiquattro lunghezze. A circa trenta è Vaguely Isa, undicesima, con il dodicesimo, il primo Gabrielli, Savak dato a "molte lunghezze" dalla stessa Vaguely; distaccati in modo pesante gli altri, con il penultimo Melanie Klein a quindici lunghezze dal terzultimo e con Master Reply, ultimo, dato come "lontano" da Melanie Klein.
Eloquente il responso cronometrico, registrato sul terreno buono: 2.05.7. Tempo migliorato di tre secondi, a esempio, dalla precedente vittoria di Gold of Honour ottenuta un anno prima con un chilo in meno in groppa e stesso stato del terreno, ma addirittura di dieci secondi migliore rispetto ad altre prove della medesima categoria. Tempo dunque notevole per una vendere e per il terreno, difficilmente battibile e in linea per la categoria discendente. I due vincitori della corsa tris che chiuderenno il convegno della giornata, per fare un parallelo, completeranno i medesimi 2.000 metri in 2.06.8 prendendo quindi un secondo da Gold of Honour, in una prova però con un importo pari agli attuali 13.460 euro al primo contro i 2.065 in palio nel Corradino D'Ascanio.
Una grande vittoria quindi. Ricordo lo stupore in tribuna: "Guarda che lavori... rientrava da sette mesi, vai a pensare che vincesse e poi in questo modo...!" Vincente 337 (attuale 33,7), primo piazzato 80 (attuale 8 a 1), accoppiata 100 a 1 (da notare che secondo è il favorito della corsa), trio 3.500.000 di lire (da notare che secondo e terzo sono i due favoriti della corsa, altrimenti ci sarebbe stata una quota pazzesca).
Fin qui una corsa sorprendente, ma nulla più. Certo, fin qui, perché appena tagliato il traguardo, tra le urla del pubblico che ha colto una trio o un'accoppiata da sogno (per gli scommettitori), si verifica l'insolito. Augustin Herrera (che anni dopo subirà un infortunio invalidante tra una marea di polemiche), come consuetudine, tira le briglie per arrestare la corsa del cinque anni Gold of Honour, alla seconda vittoria in carriera in tredici corse. Il cavallo però non ne vuole sapere. Inizia a saltare, scalciando con i posteriori l'aria. Mai vista una roba del genere al termine di una corsa, manco fosse Ribot nel suo galoppo conclusivo e dimostrativo in quel delle Capannelle (ippodromo a cui era intitolato il premio della precedente vittoria di Gold of Honour) in compagnia del fido Magistris. Herrera, che non è proprio il primo che passa, se non in riferimento ai fantini che hanno appena tagliato il traguardo delle prova, non riesce a placare l'ira del cavallo che sembra impazzito. Il sauro, scalcia privo di controllo e per nulla affaticato dai 2.000 metri corsi come un proiettile vomitato fuori da un fucile che ha ricevuto l'ordine di fare fuoco. Il pubblico, che sta per scendere i gradini della tribuna per recarsi al tondino, si arresta e torna indietro a vedere quello che sta succedendo. Chi è sotto i monitor si riversa sulle tribune o va lungo le recinzioni che delimitano la pista. "O che casino sta facendo?"
Herrera viene letteralmente volato in aria da Gold of Honour che, liberato dal freno del fantino, riparte a correre come un ossesso prendendo la curva vicino al tondino e proseguendo verso la dirittura opposta a quella di arrivo. Gli avversari, sorpresi, assistono alla scena, mentre al piccolo trotto se ne rientrano al tondino in attesa dell'ordine di arrivo ufficiale.  Il sauro invece se ne va inseguito dagli addetti della pista che tentano in ogni modo di fermarlo, ma vanamente. Il fuggitivo copre quasi metà della dirittura opposta a quella di arrivo, perseverando nella sua azione, poi inverte la marcia e ritorna indietro schivando i vari addetti. E' incontrollabile, una vera e propria pallottola impazzita che galoppa senza conoscere fine. Poi, d'un tratto, mentre tutti guardano attoniti la scena, crolla a terra, va giù come se fosse stato morso da un arresto cardiaco. In pista si aziona il trattorino, vengono portati i teloni verdi. Il cavallo non si muove più o almeno questa è la percezione dalla tribuna. Viene caricato sul mezzo e portato via dalla pista. I giudici di gara, intanto, confermano l'ordine di arrivo. Al tondino però non ha seguito l'asta, perché il vincitore è altrove e perché chi comprerebbe mai un cavallo dopo una scena del genere? Il silenzio cala sovrano, non si sa niente di quel che è successo, anche se la giornata prosegue in vista del main event costituito dalla tris.
In serata, dopo cena, non ricordo se su canale 50, emittente pisana, va in onda la trasmissione "Cavalli in Pista" (se non ricordo male) con Sandro Marannini, speaker del campo, abituale presentatore. Dopo aver mostrato le corse del pomeriggio, Marannini spiega che Gold of Honour si è ripreso dopo la corsa e che è stato ricondotto normalmente presso la sua scuderia, ha mangiato ed è ben felice nel suo box. Eppure non correrà mai più. Anni dopo, circa il 1994, per mero caso mi capiterà di incontrare a Tirrenia qualcuno che mi rivelerà di esser stato tra i proprietari del cavallo, ma questa è un'altra storia...

Figlio di Vaigly Great e della femmina Golden Treasure da Crepello, Gold of Honour era nato in Inghilterra nel 1987. Importato in Italia dalla scuderia Azzurra, che penso abbia sborsato una discreta cifra per aggiudicarselo, aveva debuttato a due anni a settembre nell'ippodromo capitolino senza impressionare. Quattro corse con due ultimi posti e un terzultimo posto quale migliore piazza. Spostato da Roma in terra Toscana, dopo un'assenza di sei mesi era stato declassato dalla categoria discendente agli ascendenti senza però riscuotere grandi miglioramenti. Penultimo al rientro a Livorno da top weight, malissimo nelle tre successive prove pisane, spesso seminato sulla pista in ultima posizione compreso in categoria vendere. Da qui la scelta di provare a cambiare la distanza con passaggio dai 1.300 metri ai 2.000 metri. Subito quarto con 49 kg in ascendente a Pisa (primo piazzamento in carriera, a quattro anni, dopo nove corse). Quindi vittoria al debutto con i nuovi colori Verdigi e la monta del palermitano Rovetto, sui 2.000 metri categoria ascendente (Premio Capannelle). Pessimo nelle due successive prove, fino a finire fuori dal circuito delle corse per oltre sette mesi per presentarsi al Corradino d'Ascanio senza ambizioni...
Figlio di una cavalla blasonata, Golden Treasure, nata nel 1970, vincitrice del Kingsclere Stakes (L) e terza nelle 1.000 Guineas Trial Stakes (Gr.3) di Ascot, a sua volta generata da una cavalla in linea con l'epilogo della carriera di Gold of Honour ovvero True Delirium. 
Fratellastro di quattro vincitori su sei scesi in pista, tra cui lo stalloncino Precious Metal, vincitore di tre corse e secondo classificato nel Two Year Old Trophy (L), e la fattrice Fair of Face, vincitrice di tre corse e quarta nel Salisbury 1000 Gns Trial Stakes (Gr.3).
Uno zio materno di calibro per gli appassionati di storia dell'ostacolismo ovvero CIRCUS ON ICE, fratellastro di Golden Treasure, vincitore di cinque corse in ostacoli in Italia tra cui il GRANDE STEEPLE CHASE DI FIRENZE (L), corsa oggi soppressa per la demolizione del tracciato ostacoli.


MASTER REPLY
L'ultimo classificato nella corsa della vittoria di
GOLD OF HONOUR
(Foto Matteo Mancini).

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